Al lavoro a 15 anni invece che in classe

passo indietro sull'obbligo scolastico

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    Emendamento della maggioranza: l'apprendistato vale come un anno di scuola
    E' bufera sul governo. Il Pd: "Fanno carta straccia di tutti le scelte mondiali"


    Al lavoro a 15 anni invece che in classe
    passo indietro sull'obbligo scolastico


    Critiche dai sindacati: "Non è così che si aiuta l'occupazione dei giovani"di



    Al lavoro a 15 anni e scoppia la polemica tra governo e opposizione. "La maggioranza fa carta straccia dell'obbligo scolastico: inaccettabili questi salti all'indietro sul tema della formazione", dichiara l'ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd). Al centro della querelle un emendamento al disegno di legge Lavoro, collegato alla Finanziaria, approvato questa mattina dalla commissione Lavoro della Camera, che prevede che l'apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell'obbligo di istruzione. Se il provvedimento dovesse andare in porto gli studenti meno volenterosi potrebbero uscire dalle aule scolastiche un anno prima dell'attuale obbligo scolastico, fissato a 16 anni.

    Ma l'Ue e tutti i più recenti studi sul capitale umano ci chiedono il contrario: aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e ridurre la dispersione scolastica. "La maggioranza e il ministro Sacconi - continua Fioroni - hanno deciso di fare carta straccia dell'obbligo scolastico. E' inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, qui si decida di fare un salto all'indietro così macroscopico".

    In effetti, gli ultimi studi di Ocse (l'Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico) e Banca d'Italia raccomandano l'esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d'Italia ha pubblicato uno studio dall'emblematico titolo "Investire in conoscenza". I due economisti Federico Cingano e Piero Cipollone evidenziano tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani. Un massiccio investimento da parte dello stato in istruzione verrebbe più che compensato dalle entrate fiscali, a parità di prelievo, e dai minori costi derivanti dall'aumento del tasso di occupazione. E un anno in più sui banchi di scuola rende, secondo gli esperti di Bankitalia, nel medio-lungo periodo quasi il 9 per cento in termini di remunerazione del lavoro. I vantaggi maggiori sono per i laureati, il cui titolo di studio può fruttare più del 10 per cento e il diploma di maturità, il 9,7 per cento


    Durissimo il commento del senatore Antonio Rusconi, componente della commissione Cultura di Palazzo Madama. "Si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell'istruzione previsti dal trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del governo del centrosinistra, ovvero l'obbligo all'istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola". "Di fatto - prosegue Rusconi - il governo Berlusconi sembra orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi 'classisti', la serie A dei licei, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali, e ora per qualcuno, subito dopo la terza media, l'idea di andare subito al lavoro". All'estero, secondo il senatore del Partito democratico, "la crisi economica la si sta combattendo con più investimenti" su scuola, università e formazione.

    Nel 2003, una comunicazione della Commissione europea considerava "imperativo categorico" l'investimento efficiente nell'istruzione e nella formazione. Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ha fissato all'Ue l'ambizioso obiettivo strategico di diventare entro il 2010 "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il Consiglio europeo "ha ribadito che il futuro dell'economia (e della società) europea dipenderà dalle abilità dei suoi cittadini e che queste a loro volta richiedono un aggiornamento continuativo caratteristico delle società basate sulla conoscenza".

    E secondo l'ultimo lavoro dell'Osce, "Education at a Glance", in Italia la laurea, in termini di resa salariale, è un affare. In base ai calcoli dell'Ocse un uomo laureato può aspettarsi rispetto a un diplomato un vantaggio salariale durante la carriera superiore a 322 mila dollari, mentre per una donna il beneficio si ferma a 136 mila. La media Ocse è di 186 mila a livello lordo per un uomo e di 134 mila per una donna. E con un titolo di studio più elevato ci si assicura anche meglio contro la disoccupazione.

    "E' l'ultimo atto dello smantellamento di un vero obbligo scolastico": così il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, commenta l'emendamento. "Siamo decisamente contrari. Prevedere questo - afferma il sindacalista - significa mettere in discussione l'essenza stessa dell'obbligo scolastico che va assolto nei percorsi di istruzione e formazione, e non attraverso l'apprendistato che nella maggior parte dei casi si traduce in un lavoro vero e proprio dove di apprendimento c'è ben poco". E i Cobas della scuola indicono uno sciopero della categoria per il prossimo 12 marzo.

    Critiche sono state espresse anche dal segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini. "L'emendamento sull'apprendistato approvato dalla commissione Lavoro della Camera, in modo frettoloso e senza nessuna consultazione delle parti sociali, deve essere corretto prima dell'approvazione in Aula del ddl lavoro prevista per la prossima settimana". "In particolare - aggiunge Santini - va attentamente valutato il rischio di un conflitto tra norme, stante la vigente legge 296/06 che fissa l'obbligo di istruzione a 16 anni, che porterebbe alla paralisi operativa". La richiesta del sindacato è quella di "rilanciare l'apprendistato per aiutare concretamente l'occupazione dei giovani", ma di farlo in collegamento con "percorsi di istruzione e formazione professionali nei quali, come previsto dalla legge, si assolva all'obbligo di istruzione".

    (20 gennaio 2010)
     
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  2. CoffCoff
     
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    Mandare tanti ragazzini a lavorare costa di certo meno che mandarli a scuola, non trovate?

    Sul lungo periodo chi ci rimetterà di più saranno proprio quei ragazzini, ma anche tutti noi! Dobbiamo investire sulla formazione dei giovani, altrimenti non saremo mai competitivi sul mercato, avremo un tasso di disoccupazione sempre più alto, e verremo sommersi dalle migliaia e migliaia di cinesi e indiani molto più preparati di noi!!!!
     
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  3. Oaesniuz
     
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    CITAZIONE (CoffCoff @ 21/1/2010, 14:22)
    Mandare tanti ragazzini a lavorare costa di certo meno che mandarli a scuola, non trovate?

    Sul lungo periodo chi ci rimetterà di più saranno proprio quei ragazzini, ma anche tutti noi! Dobbiamo investire sulla formazione dei giovani, altrimenti non saremo mai competitivi sul mercato, avremo un tasso di disoccupazione sempre più alto, e verremo sommersi dalle migliaia e migliaia di cinesi e indiani molto più preparati di noi!!!!

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    Burattinaia

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    Skysilvianet

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    sì ma non è che si è obbligati ad uscire dalla scuola a 15 anni, è solo una possibilità per chi vuole
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    gli studenti meno volenterosi potrebbero uscire dalle aule scolastiche un anno prima dell'attuale obbligo scolastico, fissato a 16 anni.

    se uno non ha volglia di studiare non è che risolva qualcosa a stare un anno in piu' a scaldare il banco.
    La formazione dei giovani si fa con una scuola migliore non aggingendo anni in piu' di obbligo e riempiendo questi 2 anni in piu' con il diluire quello che una volta si faceva in 8 anni di obbligo scolastico, gli ex 5 anni delle elementari e i 3 anni delle medie.
     
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  5. CoffCoff
     
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    CITAZIONE (CiaoSilvia @ 21/1/2010, 19:05)
    se uno non ha volglia di studiare non è che risolva qualcosa a stare un anno in piu' a scaldare il banco.

    Ma non bisogna legittimare questa scelta però, addirittura a livelli legislativi! E soprattutto quando l'Europa e la pedagogia e il mondo del lavoro vanno dalla parte opposta...
     
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    Ritorno alla scuola del più forte

    Annidato in un emendamento a una legge sul lavoro un colpo mortale al sistema scolastico italiano. In pratica la soppressione dell'obbligo scolastico ma solo per alcuni : «i meno volenterosi». A questi ragazzi si indica sbrigativamente un'altra strada: quella dei percorsi di apprendistato. L'apprendistato è una non scuola e un non lavoro. Una parte dei ragazzi continuerà a studiare, un'altra sarà dirottata a un semilavoro precario e sottopagato. Altro che valenza formativa del lavoro! E vogliamo ancora credere che le imprese abbiano voglia di formare la propria forza lavoro, quando i contratti di apprendistato sono serviti in questi anni a tutt'altro: a ridurre le retribuzioni e ad aggirare le norme per l'applicazione dello Statuto dei lavoratori, dal momento che gli apprendisti sono esclusi dal numero dei dipendenti?
    Qualche mese fa un rapporto di Bankitalia dimostrava come sia produttivo l'investimento in istruzione. E in questo ultimo anno molti paesi europei e gli Stati uniti hanno affrontato la crisi finanziaria economica e sociale investendo massicciamente nel settore della conoscenza.
    In Italia invece un pauroso salto all'indietro. Drammatico in un Paese dove, come documenta l'Istat, ancora nel 2008 il 47% della popolazione italiana ha come titolo di studio più elevato solo la licenza di scuola media inferiore. Non c'è solo l'assurdità di cancellare l'obbligo di istruzione almeno fino a sedici anni, presente in tutti i paesi civili. C'è una brutale volontà di ritorno al passato: di cancellare quel nesso tra istruzione e sviluppo che fu alla base della riforma della scuola media unica del '62 e persino di negare l'idea positivista d'inizio secolo, secondo la quale il progresso sociale doveva misurarsi con la necessaria alfabetizzazione di vasti strati della popolazione.
    Una scelta confusa e pasticciata (a quindici anni e quindi dopo un anno di permanenza nella scuola secondaria). Ma qualcuno pensa a queste ragazzi e ragazzi più fragili culturalmente, più deboli socialmente sballottolati da un percorso all'altro ai quali si nega formazione e futuro?
    In realtà dietro tutto questo c'è un'idea precisa di società - la società del più forte - e di governo - forte con i deboli e debole con i forti. E c'è un attacco alla democrazia perché è scelta di democrazia, quella di un paese che riesce a garantire livelli diffusi di istruzione al più alto numero di cittadini, combattendo l'idea che la formazione serva solo a selezionare i migliori, piuttosto che a intercettare e valorizzare le capacità specifiche di ognuna e ognuno. La scuola non può essere «un ospedale che cura i sani ed espelle i malati», ma deve essere un luogo, che continuando a garantire a tutti l'accesso all'istruzione , è in grado di intercettare il merito dovunque si nasca e da qualsiasi famiglia si provenga.
    Questa norma -sottratta a ogni discussione- e che bisogna cancellare subito è un attacco alla democrazia sostanziale, è una scorciatoia per non affrontare con riforme vere il tema drammatico della dispersione scolastica . Una ferita per tutto quanto costruisce civiltà, democrazia e futuro per il Paese e per le nuove generazioni.
    Alba Sasso
     
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5 replies since 21/1/2010, 13:47   78 views
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