Ciao Silvia Forum

Posts written by alabriola

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    CITAZIONE (fan000 @ 12/11/2010, 11:54) 
    buongiornoooooooooooooooooooo

    è uscito il soleeeeeeeeeeeee :ipip:

    Anche qui!!!!!! :ipip:

    Ma non ha lasciato detto nè dove andava nè quando sarebbe tornato :doh: :unsure:

    Buongiorno Lauretta :P:
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    ANSA
    12 novembre, 09:21


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    ROMA - Aiuta e rigenera il sistema immunitario, il vaccino terapeutico contro l'Aids messo a punto in Italia, presso l'Istituto Superiore di Sanità (Iss) e giunto alla fase 2 della sperimentazione. I risultati ottenuti finora su 87 pazienti di età compresa fra 18 e 58 anni, tutti in cura con la terapia antiretrovirale (Haart), sono pubblicati sulla rivista Plos One. La sperimentazione, coordinata dal gruppo di Barbara Ensoli, è in corso in 11 centri ed è stata finanziata con 13 milioni.Frutto di una ricerca che ha portato finora a 10 brevetti da parte di una struttura pubblica come l'Iss, il vaccino terapeutico agisce colpendo la proteina Tat, che si trova all'interno del virus Hiv: è il motore che gli permette di replicarsi e diffondersi nell'organismo. "Abbiamo visto che il vaccino arriva dove i farmaci si fermano", ha spiegato la ricercatrice. I farmaci antiretrovirali riducono infatti il numero delle particelle di virus in circolazione, ma non riescono ad azzerarle. Il virus continua ad essere presente e si rifugia in "santuari", costringendo il sistema immunitario ad un continuo stato di allerta. Il risultato è una vera e propria sindrome, che si manifesta con problemi cardiovascolari, epatici, renali. 'Il vaccino - ha detto ancora Ensoli - sembra riportare il sistema immunitario verso uno stato di equilibrio''.

    La fase 2 della sperimentazione non è ancora conclusa e l'obiettivo è arrivare a vaccinare 160 volontari. Tuttavia "abbiamo deciso di pubblicare adesso perché abbiamo ottenuto in tempi molto rapidi risultati statisticamente significativi: vederli è stata un'emozione", ha detto Ensoli."A 48 settimane dalla somministrazione del vaccino i parametri continuano a migliorare, sembra che riusciamo a bloccare il danno". Per il presidente dell'Iss, Enrico Garaci, i risultati appena pubblicati "ci danno ragione degli sforzi compiuti" e "confermano il modello di ricerca traslazionale che stiamo attuando, dal bancone del laboratorio al letto del paziente". Per completare la sperimentazione fino a 160 volontari servono adesso altri fondi e l'appello dei ricercatori è rivolto tanto al pubblico quanto a strutture private.
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    CITAZIONE (summerina_ @ 12/11/2010, 11:38) 
    ciao vitto...


    oggi sn cs: :trist: :trist: :trist: :trist: :trist:

    :o:
    Come mai? :unsure:
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    Dopo una deludente legislatura come deputato indipendente, Giulietto Chiesa decide di ricandidarsi al Parlamento europeo nelle file di un partito che difende le minoranze russe in Lettonia, vittime in quel Paese di un’assurda e misconosciuta discriminazione. Candidato in Lettonia racconta quest’esperienza con dettagli inediti e amare sorprese per il lettore italiano, che spesso, a confronto con le beghe nostrane, vede nell’Unione un baluardo di sensatezza e civiltà; ma racconta anche come e con quali costi la galassia post-sovietica sia stata assorbita dall’Occidente, e con quali vantaggi per l’oligarchia politico-finanziaria internazionale. Vicende locali danno così forma a una rapsodia globale capace di smascherare i meccanismi geo-economici che reggono il nostro mondo e che mostrano crepe sempre meno sanabili e sempre più minacciose.

    Lo stile è quello del miglior Giulietto Chiesa, reso qui se possibile ancora più tagliente e sorprendentemente venato di umorismo, e del miglior Chiesa è la capacità di approfondire il particolare per analizzare il generale, rendendo di facile comprensione argomenti complessi. Sempre nella stretta osservanza di un’aurea massima: non accontentarsi delle verità ufficiali, mai.
    Ponte alle Grazie, 2010
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    CITAZIONE (00mya00 @ 12/11/2010, 10:19) 
    CITAZIONE (alabriola @ 12/11/2010, 10:15) 
    Potrebbe essere utile sapere dove l'hai vista l'ultima volta :dub:

    Ehm...un po' di tempo fa era con me...considerando che "un po'" è un'unità di misura variabile non definita... :doh:

    :hahah: :hahah:

    CITAZIONE (summerina_ @ 12/11/2010, 10:28) 
    giorno :ciao:

    Buongiorno :ciao:
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    CITAZIONE (Federico980 @ 12/11/2010, 10:08) 
    Buon giorno bamboli! :ciao:

    Buondì! :ciao:

    CITAZIONE (00mya00 @ 12/11/2010, 10:10) 
    Accidenti, questa mattina sono proprio sbadata. Ho smarrito la voglia di lavorare...non è che qualcuno di voi l'ha vista?

    Potrebbe essere utile sapere dove l'hai vista l'ultima volta :dub:
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    Una serrata che non ha precedenti nella storia della cultura italiana. Venerdì 12 novembre, biblioteche, musei civici, siti archeologici, teatri, chiuderanno i battenti e incroceranno le braccia per protestare contro i tagli che li soffocano e li conducono a una morte certa nel giro di un biennio. Di fronte a un ministro come Tremonti che in finanziaria non si è preoccupato di investire risorse nel patrimonio artistico, naturale e storico che produce benessere, occupazione, economia attiva e turismo, i direttori delle istituzioni più famose in Italia hanno deciso di reagire.

    Con una clamorosa iniziativa: “Porte chiuse, luci accese sulla cultura” è promossa da Federculture e dall’Anci, l’associazione nazionale comuni italiani, con il sostegno del Fai e sta raccogliendo un’ampia adesione da parte di amministrazioni locali di diverso orientamento politico, aziende e associazioni di settore, tutte ugualmente colpite dalla scure dell’ultima manovra varata dal governo, il dl 78/2010 convertito in legge 122/2010. La mobilitazione è quindi trasversale, percorre tutta la penisola, da piazza san Marco alla Valle dei Templi di Agrigento, e abbatte i confini delle discipline: cinema, danza, arte e musica si “negheranno” per un giorno agli spettatori nella speranza di colpire l’opinione pubblica e di aprire un varco nel muro eretto dal governo contro “la cultura che tanto non si mangia”, come ha affermato Tremonti con una infelicissima battuta.
    di Arianna Di Genova
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    La legge n. 300 del 1970, più nota come Statuto dei lavoratori, è da buttare. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi non ha dubbi: “L’attuale centralismo regolatorio di matrice pubblicista e statualista riflette assetti di produzione propri della vecchia economia”. Dunque si cambia. “Al lavoro stabile e per una intera carriera – spiega il ministro – si contrappongono oggi sempre più frequenti transizioni occupazionali e professionali che richiedono tutele più adeguate”.
    Ed ecco la soluzione. Un disegno di legge delega, in due articoli, che affida al governo il compito di riscrivere il diritto del lavoro. Al posto dello Statuto dei Lavoratori dei socialisti Giacomo Brodolini e Gino Giugni arriva il nuovo Statuto dei Lavori dell’ex socialista Sacconi. Il principio fondamentale, scritto nell’articolo 1 del testo proposto, indica che la nuova legge è fatta “al fine di incoraggiare una maggiore propensione ad assumere e un migliore adattamento tra le esigenze del lavoro e quelle dell’impresa”. Sacconi punta a sfoltire almeno del 50 per cento le oltre mille leggi che pesano sul mercato del lavoro. Ma accanto all’obiettivo della semplificazione c’è quello di un mercato del lavoro sempre più libero. Per il quale Sacconi non cerca però ispirazione nel liberismo classico, dove i soggetti del mercato, anche del lavoro, sono gli individui, e le loro azioni sono regolate dalla legge.


    Il modello corporativo
    Il riferimento,piuttosto, sembra essere quello della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, che nel 1939 prese il posto della Camera dei Deputati. Non perché ci sia un’ispirazione autoritaria o antidemocratica nella proposta di Sacconi. Il punto è proprio che in essa torna con prepotenza quell’ideologia corporativa che non è esclusiva del fascismo, ma è anzi considerata dagli storici una costante della società italiana, con radici nella stessa dottrina sociale della Chiesa e ampie penetrazioni in quasi tutti gli schieramenti politici da almeno un secolo. L’idea di una consonanza di interessi tra imprese e lavoratori, con la conseguente opportunità di una gestione coordinata e armonica degli interessi in potenziale conflitto che sfocia storicamente in pratiche consociative, è considerata la causa principale del deficit di liberismo che affligge il sistema italiano. In pratica, si legge nel testo di legge presentato ieri da Sacconi nel corso di una conferenza stampa, gli unici diritti universali e indisponibili del lavoratore, garantiti dalla legge, rimarranno quelli scritti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Si tratta per esempio del divieto di schiavitù e di tratta degli esseri umani, del diritto di sciopero e del diritto al giorno di riposo settimanale, oltre che alla parità tra uomini e donne e del divieto del lavoro minorile. A tutti gli altri principi stabiliti dall’attuale legislazione italiana si potrà, con lo Statuto dei Lavori, derogare. Per la precisione il testo predisposto da Sacconi prevede la “possibilità per la contrattazione collettiva di una loro modulazione e promozione nei settori, nelle aziende e nei territori, anche in deroga alle norme di legge, valorizzando il ruolo e le funzioni degli organismi bilaterali”. Gli organismi bilaterali, che, con il potere loro conferito dalla legge di derogare la legge, sono concettualmente una riedizione della Camera delle Corporazioni: le parti sociali, datori di lavoro e sindacati, di fatto legiferano sul mercato del lavoro. Il progetto di Sacconi indica anche gli indici che questa contrattazione/normazione dovrà seguire: “andamento economico della impresa, del territorio o del settore di riferimento”; “caratteristica e tipologia del datore di lavoro”; “caratteristiche del lavoratore con specifico riferimento alla anzianità continuativa di servizio, alla professionalità o alla appartenenza a gruppi svantaggiati”; modalità di esecuzione della attività lavorativa autonoma e coordinata con un solo committente”; “finalità del contratto con riferimento alla valenza formativa o di inserimento al lavoro”.


    La Cgil è già sul piede di guerra
    La dimostrazione più netta che Sacconi punta a sostituire la legislazione con la contrattazione (obiettivo ambizioso in mancanza di una legge sulla rappresentanza sindacale) è quanto ha detto ieri a proposito dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quello che di fatto vieta il licenziamento senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti. Sarà cancellato? “Non dipende da me, decidono le parti – ha risposto il ministro – Sapete bene che non rientra tra i diritti fondamentali, tanto che non viene applicato a tutti i lavoratori”. La mossa di Sacconi, proprio nelle ore in cui il governo sembra sul punto di cadere, ha provocato una dura reazione della Cgil. “Un governo di fatto senza più maggioranza – ha detto il segretario confederale Fulvio Fammoni – presenta una proposta di cancellazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Si propone una concezione di impresa svincolata da obblighi sociali e di lavoro sempre meno considerato come valore e sempre più inteso come mero fattore della produzione. C’è un unico evidente motivo: tentare di far saltare il tavolo di confronto tra le parti sociali, introducendo elementi di divisione”.
    Da Il Fatto Quotidiano del 12 novembre 2010
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    CITAZIONE (Uometto @ 12/11/2010, 09:12) 
    ma ve l'immaginate una vera colazione tra forumiani?

    Secondo me sarebbe divertente :mava:

    CITAZIONE (00mya00 @ 12/11/2010, 09:19) 


    Un bel sorriso!!! :sti:

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    Il presidente in conclusione del summit di Seul: "Per noi cosa più importante è la crescita". La Cina fa cancellare dal comunicato finale riferimenti alle sottovalutazioni. Sistema di "allerta preventiva" in caso di squilibri commerciali. Passano le "regole Draghi" sulla solvibilità delle banche
    dI FEDERICO RAMPINI


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    SEUL - Si è concluso il G20 di Seul, con la sceneggiata prevista: un finto accordo sancito in un comunicato sufficientemente generico e ambiguo perché tutti possano dire di avere vinto. "La cosa più importante per gli Usa è crescere. Noi siamo il mercato globale più importante, un motore per tutti i paesi", ha detto il presidente americano Obama a conclusione dei lavori. Stando alle ultime notizie notturne, durante le trattative convulse tra gli "sherpa" (i consulenti tecnici dei capi di Stato) i cinesi hanno cancellato dal comunicato finale ogni riferimento alla "sottovalutazione" delle monete, che sarebbe stata intesa come un'accusa alla loro politica del renimbi debole. Gli americani hanno salvato il principio che bisogna ridurre gli attivi commerciali dei paesi iper-esportatori, ma non ci sono né cifre-obiettivo, né sanzioni, se i surplus con l'estero continuano. Sarà affidato al Fondo monetario un ruolo di monitoraggio di questi squilibri, ma il Fmi non avrà nell'immediato nuovi poteri per farlo. Cosa si salverà di questo G20. Poco. La ratifica dei nuovi rapporti di forze dentro il Fmi, dove la Cina sale al terzo posto e Russia e Brasile entrano nella Top Ten mentre gli europei subiscono un netto declassamento. Passano - salvo ratifiche nazionali nei paesi dove è necessario - le "regole Draghi", sostenute dagli americani, per prevenire future crisi bancarie rendendo più stringenti i requisiti di solvibilità degli istituti di credito. Infine si sa che la nuova crisi dell'Eurozona ha occupato un posto spropositamente ampio nel dibattito tra i Venti, perché si teme che la sfiducia dei mercati sul debito pubblico dell'Irlanda scateni un rapido contagio.

    Stamattina il segretario al Tesoro Tim Geithner ha fornito un assaggio della "versione" americana, la tattica di comunicazione con cui la squadra di Obama cercherà di presentare questo summit come una vittoria. Tra i punti salienti Geithner ha citato il fatto che ci sarà un "sistema di allerta preventiva" per segnalare la formazione di squilibri commerciali eccessivi - attivi o disavanzi - e questa sorveglianza sarà affidata al Fmi. Lo stesso Fondo sarà "l'arbitro sui tassi di cambio" che dovrà segnalare quando una moneta è artificialmente sottovalutata. Geithner si è felicitato del fatto che "il dibattito si è allargato dalle parità di cambio agli squilibri nelle bilance commerciali, perché la parità di cambio è solo una delle cause di quegli squilibri". Ai paesi emergenti - come il Brasile - che lamentano l'effetto inflazionistico generato dalla liquidità aggiuntiva della Federal Reserve, il segretario al Tesoro risponde che "i capitali vanno nei paesi emergenti perché quei paesi hanno un'alta crescita e una forte produttività; certo quelli che hanno delle monete flessibili la cui parità è fissata dai mercati hanno subito un forte apprezzamento del cambio" (a differenza della Cina, ndr). In quanto all'accusa che la politica monetaria della Fed stia creando le premesse per nuove bolle speculative, Geithner ha risposto che la migliore difesa contro le bolle sono le nuove regole prudenziali per il sistema bancario, le "regole Draghi", per l'appunto.

    E' difficile che i mercati accolgano queste decisioni come una panacea per curare l'instabilità, né che vi leggano un armistizio nella guerra delle monete. In quanto alle opinioni pubbliche, Seul non dà risposte al problema della "ripresa che non c'è" in America e in Europa, né ai nuovi rischi inflazionistici che incombono sui paesi emergenti.

    (12 novembre 2010)
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    ANSA 11 novembre, 21:10
    di Barbara Beccaria


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    TORINO - Bimbi di pochi mesi costretti a dormire al buio, da soli, tra gli altri compagni piangenti, e a mangiare il loro vomito, picchiati sulla nuca se non smettevano di urlare o piangere, o ancora, lasciati soli, nel momento in cui il pianto si fa insostenibile, quasi da soffocare, o ancora chiusi, al buio, dietro alle grate di un camino. E' la brutta storia scoperta dai Carabinieri all' interno di un asilo nido privato di Pinerolo (Torino), oggi posto sotto sequestro mentre le tre titolari sono state denunciate per maltrattamenti ai minori. Un'indagine iniziata nel febbraio scorso dopo la denuncia di un cittadino, poi fatta propria da alcune inservienti dell'asilo, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Pinerolo, Ciro Santoriello.

    Oggi i Carabinieri sono entrati nella struttura, l'asilo che si chiama, quasi per ironia della sorte, ''Nel paese delle meraviglie'', per porlo sotto sequestro e per comunicare alle tre titolari di essere indagate per maltrattamenti a minori. Sono Francesca Panfili, di 36 anni, Elisa Griotti, di 33 anni e Stefania Di Maria, di 28. Sono uscite questa sera dall' asilo, insieme ai Carabinieri evitando non solo i giornalisti, ma soprattutto i genitori e i nonni che attendevano fuori per conoscere i dettagli di questa vicenda. Una storia che ricorda tante analoghe incontrate negli asili italiani in questi anni, prima tra tutte quella dell'asilo Cip Ciop di Pistoia, avvenuta nel 2009. Anche allora maestre ''integerrime'' si erano accanite sui corpi dei piccoli ospiti, soprattutto quelli ''piu' vivaci''; anche allora l'asilo in questione era privato e ''uno dei migliori''; anche allora l'esercito dei genitori si divise tra chi diceva di non essersi accorto di nulla e chi denuncio' la mostruosita' dei fatti.

    Anche allora complici degli inquirenti furono alcuni video, la' prodotti da telecamere interne, qui fatte con i telefonini dai bidelli e dalle maestre. Al momento dell'arrivo dei Carabinieri nell'asilo si stava vivendo una ''normale'' giornata di scuola con dentro una ventina di bambini. A fronte di una dozzina di piccoli, invece, gia' ritirati dai genitori nei mesi scorsi. ''Ho portato via dall'asilo mio figlio l'anno scorso - ha raccontato il padre di un piccolo - perche' avevo capito che c'era qualcosa che non andava, non dormiva piu', era nervoso e tutte le volte che lo portavo davanti all'asilo piangeva e voleva venir via. Cosi' ho tagliato la testa al toro e ho cambiato scuola e subito dopo il bambino e' tornato normale. Non capivo perche' mio figlio avesse paura di entrare in questo asilo cosi' bello. Anzi il piu' bello di Pinerolo''.

    Una mamma ha invece ritirato la sua bambina due mesi fa. ''Anche mia figlia - ha detto - appena ha cambiato asilo e' tornata a sorridere, dopo diverse notti insonni. Avevo anche sentito una brutta storia - ha aggiunto la donna - di una bambina che aveva rovinato la faccia di un'altra bambina a morsi durante una lite scoppiata mentre nessuno si occupava di loro. Mi ha preso il terrore e l'ho portata via. Mi auguro solo che si faccia luce su questa scuola, che da fuori sembra un'oasi e invece dentro deve essere un inferno''.
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    Maltempo: Salerno, danni per milioni. Napolitano incontra i sindaci Veneto
    Notte in auto per gli evacuati, nuova esondazione del Tanagro


    ANSA 11 novembre, 22:18


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    SALA CONSILINA - A causa degli allagamenti provocati dall'esondazione del fiume Tanagro, nel territorio comunale di Sala Consilina, a sud di Salerno, sono state emesse 25 ordinanze di sgombero che hanno comportato l'evacuazione complessiva di 136 persone. Tutte le evacuazioni sono state effettuate a scopo precauzionale e a carattere temporaneo. Nessuna delle abitazioni sgomberate ha subito danni strutturali. Rimane, inoltre, sempre inagibile l'isola ecologica di località Marrone sia perché completamente allagata sia per l'impercorribilità di tutte le vie di accesso ad essa collegate. Nonostante ciò la raccolta dei rifiuti è stata eseguita regolarmente. Intanto, il Comune ha avviato le procedure per il riconoscimento dello stato di calamità.

    EMERGENZA IDRICA, CHIUSE SCUOLE IN COMUNI CILENTO -
    Agropoli, Castellabate, Montecorice, Cicerale, Ogliastro Cilento. Sono i Comuni cilentani da ieri a secco a causa della rottura di un 'tubo ponte' dell'acquedotto 'Basso Cilento' nel Comune di Postiglione, in seguito all'esondazione del fiume Sele. Un guasto serissimo, i cui tempi di riparazione potrebbe allungarsi fino ad un mese. Ad Agropoli, il centro maggiormente popolato, si è insediata da ieri sera una unità di crisi rappresentata dal sindaco, dai consiglieri comunali e dagli assessori. Tra i primi provvedimenti, la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado fino a sabato 13 novembre, in attesa degli sviluppi. Chiusura delle scuole fino al giorno 13 e attivazione del servizio di autobotti anche a Castellabate e nella zona industriale del Comune di Cicerale, dove sorgono una trentina di fabbriche che rischiano la chiusura a causa della interruzione idrica. "Stiamo preparando un piano per l' approvvigionamento delle aziende tramite autobotti - ha spiegato il sindaco Francesco Carpinelli - l'area industriale è interamente servita dall'acquedotto del Basso Cilento, e l'interruzione idrica è un problema molto serio".

    NAPOLITANO A PADOVA - Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è giunto poco fa in Prefettura a Padova per incontrarsi con i sindaci delle zone alluvionate della provincia euganea. All'incontro, con il primo cittadino di Padova, Flavio Zanonato, e il Governatore Veneto, Luica Zaia, prendono parte una ventina di sindaci dei comuni del padovano. Più tardi il Capo dello Stato si recherà, per un forum, nella redazione de "Il Mattino di Padova" e, in seguito, al convegno con cui si celebrano i 60 anni di attività del Cuamm, l'associazione padovana dei medici missionari per l'Africa.

    NUOVA ESONDAZIONE TANAGRO, CHIUSA STRADA A TRAFFICO -
    Un'altra importate arteria è stata chiusa al traffico nel Vallo di Diano, a sud di Salerno, a causa dell'esondazione del fiume Tanagro. Dalle prime ore di questa mattina è stato interdetto il traffico veicolare sul rettilineo San Marzano che collega Atena Lucana Scalo con i comuni di San Rufo, San Pietro al Tanagro e Sant'Arsenio. Gli automobilisti diretti a tali comuni sono costretti ad un lungo giro passando per il territorio comunale di Polla.

    Dopo l' esondazione del fiume Tanagro, continuano i disagi nelle aree rurali di Sala Consilina, il centro capofila del Vallo di Diano, a sud di Salerno. Questa mattina i vigili del fuoco del locale distaccamento sono impegnati in località Barca nel recupero di una trentina di animali che vagano per le campagne dopo essere scappati dalle stalle completamente allagate. E, sempre in località Barca, si sta provvedendo all' assistenza di diverse famiglie le cui abitazioni sono allagate nei piani terreni. Risultano disperse, inoltre, oltre cento pecore di un gregge investite, sempre in località Barca, da un'ondata di acqua fuoriuscita dagli argini del Tanagro. Molto probabilmente le pecore potrebbero essere morte annegate.

    NOTTE IN AUTO PER EVACUATI, TEMONO SCIACALLAGGI -
    Situazione in lento miglioramento a Capaccio-Paestum. Il fiume Sele sta infatti gradualmente rientrando negli argini, dopo che nella notte tra martedì e mercoledì, era esondato in più punti allagando colture e abitazioni e costringendo circa 300 persone ad abbandonare le case, dopo l'evacuazione disposta dal sindaco Pasquale Marino. Una evacuazione che resta 'sulla carta', dato che la stragrande maggioranza degli sfollati ha preferito trascorrere la notte in auto, a pochi metri dalle case, o, al più, da parenti e amici, senza accogliere l'invito del primo cittadino a trasferirsi negli alberghi della zona. La paura della gente, infatti, resta quella di possibili fenomeni di sciacallaggio. Intanto, da questa mattina, mentre la pioggia incessante dei giorni scorsi si è trasformata in una leggera pioggerellina, le prime famiglie evacuate stanno rientrando nelle case, sommerse da fango e detriti. Al momento, la preoccupazione prioritaria è quella di riparare al più presto gli argini del fiume rotti dalla furia dell'acqua e sono al lavoro gli operai del Consorzio di Bonifica e i funzionari del comando di Polizia Municipale per il ripristino degli argini dell'affluente 'Ciorlito', che due notti fa ha sommerso decine di ettari coltivati e messo in ginocchio sei aziende zootecniche. Intanto, i funzionari del Comune hanno avviato i primi sopralluoghi per la conta dei gravissimi danni subiti. "L' allarme non è cessato - spiega il sindaco Marino - la situazione si è stabilizzata, ora dobbiamo sperare che non torni la pioggia". Le scuole e gli uffici sono regolarmente aperti, anche perché, in questa zona, l'erogazione idrica non è mai stata interrotta, e qualche problema si registra solo per Capaccio capoluogo. "Ci stiamo impegnando tutti per un ritorno alla normalità - ha proseguito Marino - ho letto delle polemiche di alcuni residenti riguardo l'assenza o i ritardi della Protezione civile. Posso garantire che la Protezione Civile provinciale sta lavorando gomito a gomito con quella comunale da giorni senza un momento di pausa. Del resto, il Centro Operativo Comunale della protezione civile si è insediato tre giorni fa, ben prima della esondazione del Sele".

    EMERGENZA IDRICA, IN CAMPO LE AUTOBOTTI -
    "Stiamo vagliando ogni possibile soluzione per garantire una distribuzione immediata di acqua non potabile con l'ausilio di autobotti per approvvigionare vari serbatoi comunali dei territori interessati dalla sospensione idrica". E' quanto ha dichiarato l'assessore provinciale alla Protezione civile, Antonio Fasolino in un momento di pausa del vertice che si sta tenendo alla prefettura di Salerno. Da quanto si è appreso, la condotta idrica dell'acquedotto Basso Sele avrebbe subito la rottura più grave - di circa 80 metri - nel territorio di Postiglione, dove sono ancora in corso accertamenti da parte dei tecnici per verificare i danni. Intanto i 14 comuni interessati stanno autonomamente provvedendo all'emergenza. Nel capoluogo salernitano sono 40 mila le persone interessate dal black out idrico. Già da ieri sera cinque autobotti stanno provvedendo a rifornire di acqua i cittadini. In queste ore si sta vagliando anche l'ipotesi, visto che Salerno è rifornita da due acquedotti, di effettuare un by-pass per garantire la distribuzione idrica anche ai quartieri interessati dall'emergenza. Intanto restano chiuse le scuole nei quartieri di Salerno e negli altri centri interessati dall'emergenza. In prefettura l'Associazione di volontariato dell'Humanitas avrebbe già messo a disposizione cinque autobotti di acqua: due di acqua potabile rispettivamente di 22mila litri e 13mila litri, e tre di acqua non potabile due da 5mila litri ed una 3mila.
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    Beh, la colazione è il pasto più importante, no? :P
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    Sesso, droga e bunga bunga


    Continua la tragicomica agonia del governo. Fallita la trattativa di Bossi, Fli chiede le dimissioni del premier. Mentre spuntano 48 telefonate ad Arcore di una narcotrafficante amica di Bondi e Brunetta


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    Da Seul Silvio Berlusconi minimizza: "Ho qualche difficoltà nel mio Paese". In realtà la situazione gli è ormai sfuggita di mano. Il tentativo di riappacificazione portato avanti dal Carroccio si scontra con il niet di Fini. Bocchino è ormai sprezzante e arriva a dire: "Il premier si dimetta, poi ne riparliamo. E non parteciperemo alla fiducia sulla finanziaria". Lunedì, salvo imprevisti, Futuro e Libertà ritirerà la sua delegazione dal governo. Il Pdl tenta di fare quadrato ma sul Fatto Quotidiano e sull'Espresso emerge il ritratto di una classe dirigente a cavallo tra un film di Alvaro Vitali e la cronaca nera. Le dichiarazioni ai magistrati di Perla Genovesi, l'ex assistente di un oscuro senatore del centrodestra fino a ieri dipinta dai vertici del partito come una semisconosciuta, fanno paura. La ragazza, arrestata nello scorso luglio per narcotraffico, risulta aver telefonato per 48 volte ad Arcore e avere avuto strettissimi rapporti con i ministri Bondi e Brunetta. Di Brunetta, al quale presentò la escort Nadia Macrì, dice: "Era l'amministratore dei soldi sporchi di Forza Italia, lo sapevano tutti". Parla di candidature pilotate dalla massoneria e di una compravendita di seggi affidata ad una agenzia pubblicitaria legata a Dell'Utri. E infine racconta di essere stata assunta per far niente al San Raffaele di Don Verzè. L'attuale ministro della Sanità Ferruccio Fazio, all'epoca primario nella struttura ospedaliera, conferma di averla incontrata per un colloquio di lavoro




    Conso: “Nel ’93 non rinnovai il 41 bis
    per l’Ucciardone e evitai altre stragi”


    “Nel 1993 non rinnovai il 41 bis per 140 detenuti del carcere palermitano dell’Ucciardone ed evitai altre stragi”. E’ quanto ha dichiarato l’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso durante l’udienza in commissione antimafia questo pomeriggio. Conso, oggi 88 anni, è stato ministro della giustizia nel governo Amato prima e in quello Ciampi poi, nel periodo drammatico prima e dopo le stragi mafiose.



    L’ex ministro ha anche voluto smentire che dietro alla scelta ci fosse una trattativa diretta con la mafia: “Da parte mia – ha spiegato Conso – non c’e’ mai stato neppure il barlume di una possibilita’ di trattativa”. L’ex Guardasigilli ha spiegato che la decisione di non rinnovare il 41bis per i mafiosi in carcere, “fu il frutto di una sua decisione, decisione solitaria, non comunicata ad alcuno, ne’ ai funzionari del ministero, ne’ al Consiglio dei ministri, ne’ al Presidente del Consiglio, ne’ al capo del Ros Mario Mori, ne’ al capitano De Donno, nemmeno al Dap. C’era la necessita’ di mantenere il massimo riserbo. La decisione non era un’offerta di tregua o per aprire una trattativa, non voleva essere vista in un’ottica di pacificazione, ma per vedere di fermare la minaccia di altre stragi. Dopo le bombe del maggio ’93 a Firenze, quelle del luglio ’93 a Milano e Roma, Cosa nostra taceva. Cosa era cambiato? Toto’ Riina era stato arrestato, il suo successore, Bernardo Provenzano era contrario alla politica delle stragi, pensava piu’ agli affari, a fare impresa; dunque la mafia adotto’ una nuova strategia, non stragista”.

    La versione di Conso, come gli è stato fatto notare durante l’audizione, però fa acqua. Nel ’93, infatti, Bernardo Provenzano, almeno ufficialmente, era quasi uno sconosciuto per gli investigatori. Di lui i giornali non parlavano e Balduccio Di Maggio, il pentito che riconobbe i famigliari di Totò Riina, prima del suo arresto da parte del Ros, diceva addirittura che “zu’ Binu” fosse morto. Dunque come faceva Conso a sapere che Provenzano rappresentava un ala di Cosa Nostra contraria alle stragi?

    Forse anche per questo l’ex ministro della Giustizia non ha voluto rivelare chi gli avesse dato la notizia dell’esistenza di un ala affarista di Cosa Nostra, capeggiata da Provenzano. E la stessa cosa aveva fatto ieri l’ex ministro degli Interni, Nicola Mancino, da più parti indicato come uno dei terminali della presunta trattativa. Mancino incalzato sul punto ha finito per dire di aver fatto un po’ di confusione.

    Provenzano, in ogni caso, a quell’epoca nell’organizzazione mafiosa contava poco o niente. Secondo Massimo Ciancimino, il figlio di Don Vito, Zu’ Binu però si era incontrato, fino all’ottobre del ’92, con suo padre. Con l’ex sindaco mafioso di Palermo, e forse con emissari dello Stato legati ai servizi d’informazione, aveva discusso del futuro della mafia. Insomma in molti nello Stato sapevano che Provenzano era disposto al dialogo.

    Le dichiarazioni di Conso sono comunque importanti. Per la prima volta un ex ministro si assume la responsabilità politica di una scelta presa per andare incontro ai desiderata di Cosa nostra. Una scelta che, anche contro le intenzioni di Conso, ha finito per rafforzarla. Gli uomini d’onore hanno infatti avuto la dimostrazione che la strategia delle stragi (Riina diceva “Si fa la guerra per fare la pace”) pagava. Tanto che, nel gennaio del ’94, i fratelli Graviano piazzarono proprio per questo una Lancia Thema carica i chiodi ed esplosivo davanti allo Stadio Olimpico per uccidere centinaia di carabinieri. Un auto che solo a causa di un difetto al telecomando non esplose. Secondo quanto ha dichiarato il pentito Gaspare Spatuzza, Giuseppe Graviano motivò la fallita strage con le parole: “Ci vuole un altro colpo”.

    L’audizione di Conso non ha poi chiarito il ruolo (se c’è) dell’ex deputato democristiano Alberto Alessi. Il 12 settembre del ’93, dopo le stragi dell’estate, Alessi entrò con un avvocato nel carcere dell’Ucciardone e rifiutò di uscirci facendo sapere che sarebbe rimasto nella prigione finché il ministro non avesse revocato il 41 bis per quei detenuti. Alessi, scrissero allora i giornali, uscì dopo una mezza giornata e una telefonata in cui aveva sollecitato l’intervento del ministro della Giustizia.

    Alessi, secondo La Repubblica, a quell’epoca era impegnato nel gettare le basi in Sicilia del nascente (e segreto) partito di Silvio Berlusconi. Dalle agende sequestrate a Marcello Dell’Utri il suo nome salta fuori spesso a partire dal 1992. Alessi, però, alle elezioni del ’94 si candiderà con il Ccd.



    Telefonate pericolose


    La Genovesi, arrestata per narcotraffico, aveva un filo diretto con la casa di Berlusconi. Quarantotto chiamate solo con la villa del Caimano. Centinaia anche con Bondi e Brunetta


    Altro che assistente sfigata di un oscuro senatore di periferia. Altro che sconosciuta centralinista della Regione Emilia Romagna. Perla Genovesi, la ragazza parmense di 32 anni, già portaborse del senatore Enrico Pianetta di Forza Italia, fermata nel 2007 e poi arrestata nel luglio scorso con l’accusa di traffico di stupefacenti insieme a un gruppo di siciliani, era entrata davvero nel cuore del potere berlusconiano. Questa giovane dalla doppia vita a cavallo tra i politici romani che oggi occupano le poltrone più importanti del Governo e i narcotrafficanti siciliani era arrivata a parlare con Villa San Martino. Il Fatto Quotidiano ha visionato i tabulati telefonici della ragazza nei quattro anni che hanno segnato la sua ascesa dall’Emilia alla Capitale e ha scoperto ben 48 contatti (in entrata e in uscita, tra telefonate e messaggi sms) con il telefono di Arcore. Nello stesso periodo Perla Genovesi aveva contatti e collaborava con i narcotrafficanti Vito Faugiana e Paolo Messina, arrestati con lei nel luglio scorso. Una circostanza che dimostra ancora una volta la permeabilità dei vertici del Pdl da parte di personaggi, spesso di sesso femminile, legati alla criminalità organizzata. Dopo Barbara Montereale, l’amica di Patrizia D’Addario fidanzata con un rampollo del clan Parisi di Bari, dopo il caso Ruby e la pubblicazione da parte di Oggi delle foto di Lele Mora, indagato per favoreggiamento della prostituzione, che recapita in villa pacchi di ragazze al premier, le telefonate ad Arcore di una ragazza in rapporti con narcotrafficanti siciliani ripropone il problema della ricattabilità e della possibile infiltrazione da parte della criminalità dei vertici del Pdl. Non solo il premier ma, come dimostra questo caso, anche il suo entourage e i suoi uomini più fidati sono a rischio per le loro spericolate frequentazioni.

    Quando hanno visto i 48 contatti con Arcore, inizialmente gli investigatori hanno pensato al Cavaliere. Era naturale accoppiare l’utenza 039 6013… di Arcore, intestata all’Immobiliare Idra (società proprietaria di gran parte delle ville di Berlusconi) al padrone di casa. Quel numero era stato rinvenuto tanti anni fa nella memoria del cellulare di Marcello Dell’Utri come recapito riservato per contattare l’amico Silvio. In realtà, esaminando alcune telefonate intercettate sull’utenza di Perla Genovesi, si è scoperto che quando chiamava quel numero la ragazza cercava non Silvio ma Sandro. Il 16 aprile 2005, al centralinista che risponde “Villa San Martino”, infatti, secondo i Carabinieri, “Perla chiede del Dott. Giuseppe Villa che però non c’è. E chiede anche di tale Bondi ma non c’è neanche quest’ultimo”. Questo è l’unico contatto con Arcore segnalato dai Carabinieri nella loro informativa nella quale si annotano anche 13 contatti con l’attuale ministro della difesa Ignazio La Russa, “tutte attinenti al suo compito ufficiale e prive di interesse investigativo”.

    I contatti con Arcore tracciati dai tabulati cominciano nel 2003. Sono molte le telefonate in partenza dalla magione del Cavaliere: il 19 settembre del 2003 alle 13 e 32, per esempio, il telefono di Arcore chiama il cellulare di Perla Genovesi e la conversazione dura 8 minuti. Il giorno dopo c’è un’altra chiamata più breve sempre in partenza dalla villa e poi ancora il 3 ottobre, il 27 ottobre, il 9 novembre, il 25 dicembre, il primo marzo del 2004 e così via. Sono in tutto undici le chiamate in uscita mentre molte di più sono le volte che è Perla a chiamare il suo ignoto interlocutore di Arcore. Una volta, forse per sbaglio e per un solo secondo, Perla chiama anche alle 6 di mattina. Non è possibile sapere (a parte l’unico caso citato nell’informativa dei Carabinieri visionata dal Fatto) chi e cosa cercasse la ragazza parmense ad Arcore. Fin quando non saranno rese pubbliche le trascrizioni delle conversazioni (e non solo i tabulati che indicano solo il chiamante e il chiamato oltre alla durata della conversazione) si possono fare solo dei ragionamenti basati sulle altre telefonate che precedono e seguono quelle di Villa San Martino.

    A leggere i tabulati, probabilmente era proprio Sandro Bondi, nominato nel 2005 coordinatore del partito Forza Italia, o qualche altro personaggio dell’entourage del Cavaliere, l’interlocutore misterioso della ragazza, che ha sempre detto di non essere mai andata ad Arcore. Perla Genovesi ha riferito solo in via indiretta i racconti dei festini nella villa di Silvio Berlusconi ai quali avrebbe partecipato la sua amica Nadia Macrì ma ha sempre aggiunto di non essere mai stata coinvolta in prima persona in quelle feste e di avere partecipato ad incontri con altri politici a Roma e a Palermo.

    Nei tabulati della ragazza ci sono invece tantissime telefonate che, secondo gli investigatori, sono riferibili alle utenze di Sandro Bondi. Nei tabulati risultano 37 contatti tra Bondi e Perla Genovesi tra il 19 settembre del 2003 e il 2 ottobre di quell’anno. Poi l’apparecchio telefonico di Bondi cambia sim e comincia a usarne una intestata a Forza Italia, probabilmente concessa in uso al politico di Fivizzano.
    Perla Genovesi intrattiene ben 570 contatti telefonici nel periodo monitorato, dal settembre del 2003 al settembre del 2007, con questa scheda di Forza Italia probabilmente in uso a Bondi. Nello stesso periodo ci sono un centinaio di contatti con utenze riferibili all’attuale ministro del Pdl Renato Brunetta, al quale poi Perla Genovesi presenterà Nadia Macrì.


    Governo, fallita la mediazione di Bossi
    Berlusconi: “Non mi dimetto, Fini mi sfiduci”



    Il senatur: "Da Fini ok a crisi pilotata". La replica del presidente della Camera: "Le cose sono molto più complesse". La Russa: "No a un esecutivo che non sia guidato dal Cavaliere". Intanto Fabio Granata annuncia che Fli non voterà a favore del ministro Bondi sul caso Pompei: "Voteremo la mozione di sfiducia o ci asterremo"
    “Non mi dimetto, Fini mi sfiduci in Parlamento”. Silvio Berlusconi non cede all’ultimatum lanciato domenica scorsa dal presidente della Camera. Da Seul, dove sta partecipando al G20, il premier parla con i vertici del suo partito, che fanno quadrato: “Berlusconi non deve dimettersi e comunque siamo contrai a un esecutivo che non sia guidato da lui”, ha detto il coordinatore Ignazio La Russa al termine di un vertice del partito. Questione di ore ed ecco la controreplica di Italo Bocchino: “Fini ha chiesto le dimissioni di Berlusconi, e così deve essere, altrimenti usciremo dal governo”. E ancora: “Non parteciperemo alla fiducia sulla Finanziaria”.

    Le dichiarazioni del presidente del Consiglio e dei suoi fedelissimi arrivano nel giorno del fallimento della mediazione di Umberto Bossi per ricucire lo strappo di Fli. Gianfranco Fini, nel primo pomeriggio, ha lasciato trapelare queste parole: ”Io aspetto una risposta formale da Silvio Berlusconi alle cose che ho detto a Bastia Umbra. E, come ho appunto detto in quella occasione, ritirerò la delegazione Fli al governo se la risposta sarà negativa. Attenderemo il premier fino al rientro da Seul”. Fini ha riferito particolari sul colloquio di stamattina: “Bossi voleva capire quanto io fossi fermo sulle dimissioni di Berlusconi, perchè il premier non vuole dimettersi” e che “la Lega non ha nascosto che avrebbero problemi a far entrare l’Udc”. In questo senso, il presidente della Camera ha confermato la breve dichiarazione rilasciata da Bossi al termine dell’incontro: “Fini mi ha ripetuto le stesse cose dette a Perugia”, ha detto Bossi. E poi ha aggiunto che il presidente della Camera sarebbe “abbastanza d’accordo” sull’ipotesi di una crisi pilotata cui seguirà un reincarico a Silvio Berlusconi: “Le altre volte e’ successo – ha detto Bossi – Berlusconi è andato al Quirinale per riavere il reincarico. Molto meglio una crisi pilotata che una crisi al buio”, ha aggiunto il leader della Lega. Anche con Berlusconi premier? “Si, Fini non ce l’ha con Berlusconi”, ha replicato il leader del Carroccio. Immediata la controreplica di Fini: “Le cose sono molto più complicate di come dice Bossi”. A pochi minuti dal termine dell’incontro di mediazione, la dichiarazione del finiano Giorgio Conte avevano fatto capire l’esito dell’incontro: “Non si è risolto nulla”, aveva detto ai cronisti lasciando lo studio del presidente della Camera. Ieri i parlamentari finiani Briguglio e Granata avevano annunciato il ritiro della delegazione di Futuro e libertà dal governo nella giornata di oggi, in caso di risultati insoddisfacenti dal colloquio Bossi-Fini.

    Intanto Futuro e libertà lancia un altro segnale non favorevole verso la tenuta del governo. Il deputato di Fli Fabio Granata annuncia che i finiani voteranno la sfiducia oppure si asterranno sulla mozione presentata dal Pd nei confronti del ministro Bondi in relazione al crollo della Casa dei gladiatori di Pompei. “Il ministro deve assumersi le sue responsabilità – ha detto Granata – è chiaro che se il governo cade il discorso cambia, diversamente valuteremo la sfiducia oppure l’astensione”.


    Arcore, il telefono di Perla e la soffiata dei Servizi



    L'interrogatorio della "pentita". L'uomo di Formigoni le disse: "Sei controllata"
    Il Fatto Quotidiano ha raccontato l’incredibile storia dei 48 contatti telefonici tra Perla Genovesi e Villa San Martino, la residenza di Silvio Berlusconi, dal settembre 2003 al settembre 2007. E poi i 500 contatti con una sim intestata a Sandro Bondi e un’altra inserita successivamente nell’apparecchio telefonico appartenuto al ministro della cultura e infine i 127 contatti telefonici con l’attuale ministro della Funzione Pubblica, Brunetta.

    Nello stesso periodo questa ragazza di Parma che allora aveva un’età oscillante tra i 25 e i 29 anni e ora ne ha compiuti 32, aveva rapporti strettissimi con narcotrafficanti siciliani vicini alla famiglia mafiosa capeggiata da Matteo Messina Denaro, il numero uno della mafia. La strana storia di Perla Genovesi è quella di una persona dalla tripla vita: narcotrafficante per amore, assistente parlamentare del senatore di Forza Italia Enrico Pianetta per lavoro, ma anche infiltrata della Polizia tra i boss. Una storia che merita di essere raccontata con le parole dei suoi verbali con i pm di Palermo Calogero Ferrara e Marcello Viola del 27 luglio e 19 agosto del 2010. Perla Genovesi racconta anche di avere appreso di strani giri di soldi sugli appalti del San Raffaele. Sui quali Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, avrebbe percepito una somma definita dalla ragazza “tangente”: “Scoprii tramite altre persone, non persone buone, delinquenti, che praticamente il fratello di Berlusconi, Paolo, era quello che gestiva praticamente come si può dire tangenti, non lo so se si possono chiamare tangenti, però i furgoni camion che portavano su la merce dal meridione su, gli appalti di questi camion pagavano un pizzo”.

    Nome in codice: Corallo

    Pm:
    Quindi tra gli 11 e i 7 anni fa grossomodo, lei ha fatto da informatore della …
    Genovesi: Per la narcotici sono i Carabinieri che si occupano di indagini antidroga. Il mio nome in codice era “Corallo”. Nello stesso tempo facevo anche da informatrice per la Digos di Parma, facevo riferimento più precisamente al dott. Festa.
    Pm: E la Digos che indagini fa in materia di droga, scusi signora? La narcotici lo capisco, ma … la Digos si occupa d’altro come lei sa.
    Genovesi: Non lo so, però con me il dott. Festa e la Digos hanno fatto alcuni arresti.
    Pm: Sempre di droga, in materia di droga?
    Genovesi: Sì.
    Pm: Ho capito.
    Genovesi: E tutto questo l’ho fatto per una … né per scopo di lucro né perché io ne facessi uso …
    Pm: E perché lo faceva?
    Genovesi: Perché … questa è la cosa più difficile magari da … perché ritenevo responsabili gli spacciatori della rovina della mia famiglia. Perché mio zio era morto dopo che l’avevano picchiato in carcere perché era stato in carcere per colpa della droga, per colpa del fratello che faceva spaccio …
    Pm: Come si chiamava suo zio?
    Genovesi: Antonio Montoro e io … ero piccola, so che quel giorno che è morto avevo giurato che da grande avrei arrestato gli spacciatori e poi me ne sono dimenticata ovviamente di questo giuramento, a 21 anni …

    L’assistente di Formigoni


    Genovesi:
    Io pensavo che se io avessi fatto anche da infiltrata, informatrice, … Berlusconi e questa gente avrebbe saputo queste cose, perché sapevo che avevano i servizi segreti che lavoravano per loro, che tra l’altro mi avevano detto che avevo il telefono sotto controllo, l’Assistente di Formigoni me l’avevo detto, e quindi avevo paura a fare l’informatrice su cose più piccole anche.
    Pm: Che le aveva detto l’Assistente di Formigoni?
    Genovesi: Che avevo il telefono sotto controllo.
    Pm: Ma in che occasione glielo disse? Cioè vi siete incontrati un giorno e le disse “guarda, sai ci hai il telefono sotto controllo” …
    Genovesi: Più o meno così mi disse. Sì, mi stava … tutti i giorni ci sentivamo, lui mi veniva dietro, però più o meno sì.
    Pm: L’Assistente di Formigoni?
    Genovesi: Uno degli Assistenti sì.
    Pm: E come si chiama innanzitutto questo?
    Genovesi: Alessandro.
    Pm: Alessandro come?
    Genovesi: Alessandro … adesso il cognome … non me lo ricordo, però ce l’ho scritto, anche il numero telefonico.
    Pm: E lei non le disse “ma come lo sai, chi te l’ha detto?”
    Genovesi: Sì, ‘uno dei servizi segreti’, mi aveva detto.
    Pm: Quindi uno dei servizi gli aveva detto che lei aveva il telefono sotto controllo.
    Genovesi: Sì.
    Pm: Questo mentre lei lavorava col Senatore?
    Genovesi: Sì.

    Coca a Barcellona

    Perla Genovesi sostiene di avere scoperto con chi aveva a che quando Paolo Messina, impiegato del comune di Campobello di Mazara cinquantenne le rivela il senso del loro viaggio in Spagna

    Genovesi: Solo quando mi disse che il viaggio che avevamo fatto a Barcellona … il camper aveva trasportato 12 chili di cocaina …
    Pm: 12?
    Genovesi: E non so se il primo o il secondo viaggio 8 chili o qualcosa del genere.
    Pm: Con riferimento a questa droga che lei ha visto nella valigia cosa le disse?
    Genovesi: Che era quella che tornava su …
    Pm: Cioè?
    Genovesi: I 12 chili, erano 6 chili e mezzo …
    Pm: E perché tornavano su?
    Genovesi: Perché si fermavano a Roma quei 6 chili e mezzo.




    L’Espresso: Brunetta, la escort e i fondi neri


    Nei verbali del suo interrogatorio, Perla Genovesi parla di quando il futuro ministro «gestiva i soldi sporchi di Forza Italia». E tira in ballo anche Bondi, Fazio (Salute) e il sindaco Moratti



    “Sesso, politica e tangenti”. Sull’Espresso in edicola domani gli stralci della testimonianza di Perla Genovesi ai pm di Palermo e Milano. Perla ne esce come personaggio interno alle vicende del potere berlusconiano: dal S. Raffaele di Milano, agli uffici lombardi del Pdl, da “Il Giornale” di Paolo Berlusconi agli incontri con alcuni dei personaggi più importanti del governo. Come Ferruccio Fazio, il futuro ministro della Sanità, Sandro Bondi, dal comitato elettorale di Letizia Moratti, sino ad agganciare Renato Brunetta, di cui dice: “l’amministratore dei soldi sporchi di Forza Italia”. E’ questo ciò che emerge dai racconti dell’ ex collaboratrice del senatore di Forza Italia, Enrico Pianetta e trafficante di droga. Ora pentita, la ragazza di Parma, rempie i verbali di rivelazioni, al vaglio delle procure di Palermo e Milano.

    Con Ferruccio Fazio, ai tempi primario di medicina nucleare e radioterapista all’istituto scientifico universitario fondato del S.Raffaele, Perla ebbe un incontro. Protetta del senatore Pianetta, la 32enni di Parma ottiene un incarico per occuparsi di “metabolismo regionale di glucosio in oncologia”. Fazio conferma l’incontro, ma dice che tutto avvenne in buona fede: “Mi sembrava adatta per un lavoro di due mesi per ricerche bibliografiche e di segreteria”. Ma la Genovesi ai pm dice di non sapere alcunché di oncologia, e di non essere nemmeno in grado di lavorare con la lingua inglese.

    Il secondo episodio rivelato da l’Espresso riguarda l’conoscenza di Perla con il Ministro Sandro Bondi. Nel 2006 “a decidere le candidature era pure la massoneria, rivela la ragazza – Erano i massoni a gestire i politici”. La ragazza, secondo quanto racconta, avrebbe trovato riscontro a queste affermazioni parlando con un suo amico massone che lavorava per Sandro Bondi. Un rapporto nato nel 2005, si legge nei verbali, durante la ricerca di un lavoro a Sky.

    E la giovane racconta anche una breve parentesi professionale a “il Giornale” di Paolo Berlusconi per la vendita di spot pubblicitari su Internet prima di cominciare a parlare di Renato Brunetta. “Per lui ho sempre avuto un’alta considerazione, nonostante sapessi che era quello che aveva amministrato i fondi neri di Forza Italia”. I pm si stupiscono per l’affermazione, ma la Genovesi non si scandalizza, come sottolinea lei stessa: si tratta di “cose che sanno tutti”. È sempre lei a presentare l’amica Nadia Macrì, che al tempo si prostituiva, a Brunetta per sostenerla in un momento di bisogno: “Brunetta – dice – invece di aiutarla ha approfittato della situazione”.

    E’ la stessa Nadia a parlare del giro di escort milanese, di Silvio Berlusconi e del modo in cui nella capitale lombarda imprenditori ricevono giovani prostitute: “Lavoravo con uno che era un immobiliarista e forniva ragazze immagine a locali di Milano pagate con cento euro a sera e 500 per un’eventuale marchetta”. Ci sarebbe anche un’agenzia di modelle, il cui proprietario è uno sloveno, “che ha tante ragazze che ufficialmente fanno le hostess, ma in realtà è una copertura per la prostituzione”.
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