Quanto fa male al pianeta l'estrazione dell'oro?

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    Quanto male fa al pianeta l’estrazione dell’oro?
    Per estrarre quantità tutto sommato ridotte d’oro vengono inquinati gravemente ecosistemi e migliaia di ettari di foreste vengono disboscati. Eppure secondo uno studio recente una soluzione c’è: fermare le estrazioni puntando sul riciclo
    L'impatto dell'estrazione dell'oro sulla foresta amazzonica brasiliana.
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    L’estrazione dell’oro è piuttosto dannosa per l’ambiente: si stima che da sola sia la causa del 38% di tutte le emissioni di mercurio negli ecosistemi. E questo mercurio, dagli ecosistemi, per via delle sue caratteristiche chimiche entra facilmente nella catena alimentare umana. Parlando invece di emissioni atmosferiche (che come sappiamo sono anche la principale causa del riscaldamento globale) su base annua l’estrazione dell’oro emette più gas serra di tutti i voli passeggeri di tutti gli stati europei messi insieme. Questo dato peraltro riguarda solo l’estrazione, non la lavorazione dell’oro, altrimenti sarebbe ben peggiore.

    L’oro si estrae, necessariamente, arrecando danni all’ambiente. Innanzitutto perché servono grandi quantità d’acqua, che verrà necessariamente contaminata dalle sostanze chimiche utilizzate nel processo di estrazione, ma anche per via della deforestazione. I Paesi che esportano la maggior parte dell’oro sono la Cina, la Russia, l’Australia, gli Stati Uniti, il Canada e il Messico. In tutti, con la sola parziale eccezione dell’Australia, all’apertura delle miniere corrispondono grandi operazioni di deforestazione. In certi casi, come avviene in Brasile e in Perù, si è visto che le miniere d’oro causano danni irreparabili a ecosistemi particolarmente fragili come quello della foresta amazzonica.

    Purtroppo non è possibile avere dati precisi e affidabili sui danni ambientali causati dall’estrazione dell’oro. Questo per due ragioni: perché molto dell’oro esportato ogni anno non viene estratto da entità statali, ma da organizzazioni paramilitari non statali e da cartelli criminali, che soprattutto in Africa e in America del sud utilizzano l’estrazione illegale di materie prime per il proprio finanziamento. La seconda ragione è che grandi esportatori come Colombia, Uzbekistan e Sudafrica non forniscono dati né assicurano trasparenza sulle estrazioni che avvengono sul proprio territorio. I dati sull’inquinamento dovuto all’oro vengono, quindi, da pubblicazioni e studi prodotti da università e organizzazioni non governative. Il Wwf, per esempio, ha pubblicato un approfondito studio secondo cui fino al 70% dell’oro estratto nel mondo verrebbe poi raffinato in Svizzera, ma di questo stesso oro spesso non si possa accertare né la provenienza né i metodi utilizzati per la sua estrazione.






    La mancanza di tracciabilità dell’oro non è un problema soltanto ambientale, ma anche sociale: rende impossibile sapere se per estrarre l’oro si siano danneggiate aree naturali protette, per esempio, ma allo stesso tempo rende altrettanto impossibile escludere che nelle miniere abbiano lavorato minori. Come spesso accade, insomma, la protezione ambientale va a braccetto con quella dei diritti umani.

    Nonostante alcuni importanti passi avanti sulla regolazione delle estrazioni e sull’uso del mercurio (passi compiuti soprattutto su iniziativa delle Nazioni Unite) l’estrazione dell’oro è ancora molto diffusa in tutti i continenti, ad esclusione della sola Antartide. Secondo le stime più affidabili ogni anno si estrarrebbero tra le 2500 e le 3mila tonnellate d’oro. Se consideriamo invece l’intero corso della storia, l’oro estratto ad oggi corrisponderebbe a circa 208mila tonnellate; che può sembrare una grande quantità, ma è l’esatto contrario: significa che se mettessimo insieme tutto l’oro mai estratto otterremmo un cubo con un lato di soli 22 metri. Per avere questa quantità d’oro, tutto sommato esigua, sono stati inquinati decine di migliaia di ettari di foreste e terreni.

    Potremmo smettere di estrarre oro?
    L’oro utilizzato per scopi medici, industriali e tecnologici è solo il 7% di quello estratto ogni anno. Il restante 93% viene usato invece per creare gioielli, e per le attività bancarie, cioè la produzione di monete e lingotti. Visto il grave impatto dell’oro sull’ambiente viene spontaneo domandarsi se non sia il caso di trovare delle alternative a questo metallo. Secondo Stephen Lezak, ricercatore dell’Università di Oxford ed esperto di economia e ambiente, questa rinuncia non serve. Potremmo smettere quasi completamente di estrarre oro e, allo stesso tempo, continuare a usare il metallo prezioso sia nelle banche che nella tecnologia, nell’industria, nel campo medico e persino in quello della gioielleria.

    Secondo una ricerca scientifica condotta dallo stesso Lezak assieme ad altri ricercatori, questo risultato si otterrebbe semplicemente con il riciclo. Potremmo cioè riusare l’oro già in circolazione. «Abbiamo scoperto che un declino globale dell'estrazione dell'oro non porrebbe necessariamente fine a nessuna delle tre funzioni centrali dell'oro, la gioielleria, la tecnologia e gli investimenti», ha scritto Lezak in un recente articolo divulgativo.

    Secondo i modelli economici proposti nella ricerca l’oro che oggi è necessario per scopi medici e industriali (soprattutto la produzione di smartphone e computer) potrebbe essere disponibile ancora per secoli anche se l’estrazione del metallo, a livello globale, cessasse del tutto e immediatamente. L’unico impatto, com’è ovvio che sia, sarebbe sul prezzo dell’oro stesso, che oggi serve sia da bene rifugio per gli investitori sia da “stabilizzatore” e riferimento finanziario per diversi Paesi, inclusa l’Italia.

    L’oro, già oggi, è uno dei materiali più riciclati al mondo. Ben un quarto di tutta l’offerta globale, infatti, viene proprio dal riuso, mentre i restanti tre quarti dalle attività estrattive. Sempre secondo lo studio firmato da Lezak e colleghi la quantità d’oro proveniente dal riciclo potrebbe aumentare considerevolmente. Tanto che il 45% di tutto l’oro usato dalle aziende di gioielleria potrebbe venire proprio dal metallo già in circolo. L’oro riciclato andrebbe comunque trasportato e trasformato, ma in questo modo ridurremmo le emissioni atmosferiche e l’impatto sugli ecosistemi del 99%. Solo l’1% dell’attuale inquinamento, insomma, rimarrebbe invariato. Continuerebbe invece il ruolo dell’oro nell’economia mondiale, considerato che con meno oro estratto il suo valore aumenterebbe (e questo aumento avverrebbe per tutti gli attori economici in gioco). Di conseguenza, con le dovute precauzioni, anche nella remota eventualità di una completa cessazione delle estrazioni verrebbe conservata la stabilità delle banche e delle nazioni che in oro hanno le proprie riserve.

    Come ogni transizione ecologica anche quella dell’oro dovrebbe prevedere aiuti per chi oggi lavora nel settore estrattivo, e che con una chiusura delle miniere si ritroverebbe senza lavoro. Oggi si stima che questi lavoratori siano circa 19 milioni, molti dei quali in Paesi in via di sviluppo. Intanto, anche se una chiusura delle miniere al momento è altamente improbabile, alcune grandi aziende si stanno muovendo proprio verso un approvvigionamento basato interamente sul riciclo. Apple, per esempio, ha fatto sapere che entro il 2030 utilizzerà esclusivamente oro riciclato, e Pandora, importante marchio della gioielleria, lo farà addirittura entro il 2025.
     
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    possibile che con tutto questo oro estratto non può arrivare a me un mezzo lingottino ?
     
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1 replies since 1/11/2023, 09:49   44 views
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